La malattia parodontale
La malattia parodontale è una patologia infettiva cronica dei tessuti di supporto del dente. A causa dell’infezione batterica si instaura il processo flogistico con conseguente danno parodontale.
La conseguenza più grave della parodontite è la migrazione apicale dell’attacco epiteliale, riassorbimento del tessuto connettivo e dell’osso alveolare che può indurre perdita precoce degli elementi dentali.
Globalmente la parodontite di grado moderato affligge circa il 45-50% degli adulti e nella sua forma grave dal 9 all’11% della popolazione (Jepsen et al. 2017). Questo dato inquadra la malattia parodontale tra le pandemie.
In caso di salute parodontale vi è un equilibrio tra biofilm e la risposta immunitaria dell’ospite. Nel caso di disbiosi questo equilibrio si altera per una disregolazione della risposta immunitaria-infiammatoria che porta ad un danno tissutale e perdita ossea mediata dall’ospite stesso (Meyle & Chapple 2015).
Le basi per una corretta diagnosi: l’analisi dei fattori di rischio.
La malattia parodontale e’ una patologia complessa perché i fattori di rischio sono molteplici e di natura profondamente diversa tra loro.
Una corretta diagnosi deve essere in grado di poterli individuare e intercettare in modo completo ed efficace.
I fattori di rischio si possono suddividere in due macro-categorie: quelli ereditati (varianti genetiche) e quelli acquisiti (fattori socio-economici, locali-ambientali, scarsa igiene orale, fumo, dieta, stress, abitudini di vita scorrette e condizioni e patologie sistemiche).
L’identificazione di questi fattori è cruciale nella prevenzione della malattia nonché fondamentale per delineare un adeguato protocollo gestionale del paziente in cura. Infatti la correzione di un solo fattore di rischio non può portare alla cura della patologia.
Conseguenze della Parodontite non trattata.
C’è evidenza scientifica che lega i fattori genetici nella patogenesi della malattia parodontale?
Già dal 1971 Baer affermava che l’ereditarietà genetica può svolgere un ruolo importante nella predisposizione della parodontite.
La presenza di fattori di rischio genetici aumenta direttamente la probabilità di sviluppo della malattia parodontale, mentre la loro assenza riduce tale possibilità.
Il contributo genetico per la suscettibilità parodontale è stato stimato essere compreso tra il 33-50% (Mucci et al. 2005) e si ritiene che nella parodontite possano essere implicati almeno 10, e fino a 20, geni modificatori della malattia.
I fattori genetici quindi possono incidere fino al 50% sul rischio di sviluppare parodontite: il ruolo della componente genetica sottolinea che questo fattore di rischio deve essere preso in considerazione durante la fase di diagnosi parodontale.
Ad eccezione di rare forme monogenetiche di malattia (Hart & Atkinson 2007) la suscettibilità alla malattia parodontale è poligenica (Viera et al. 2014, Nibali et al. 2017). Infatti nessuna singola variante del gene è stata chiaramente associata ad un incremento della predisposizione alla parodontite ma sono stati individuati polimorfismi su alcuni geni che sono in grado di influenzare l’attività del gene o la produzione di proteine senza modificazioni del DNA.
L’epigenetica
È la branca della genetica che studia tutte le modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA. Un segnale epigenetico è un cambiamento ereditabile che non altera la sequenza nucleotidica di un gene ma altera la sua attività e funzionalità.
(Immagine tratta da J Periodontal Implant Sci. 2013 Jun;43(3):111-120. English. Epigenetic biomarkers: a step forward for understanding periodontitis Anders M. Lindroth,1 and Yoon Jung Park).
Polimorfismi sulle molecole adibite alla prima linea di difesa: la risposta immunitaria aspecifica |
Le cellule del sistema immunitario che intervengono per prime in caso di presenza di infiltrati batterici sono i macrofagi, i granulociti, i neutrifili e i linfociti natural killer che presidiano organi e tessuti pronti a intercettare e distruggere agenti potenzialmente dannosi per l’organismo. Nelle prime fasi della risposta infiammatoria si ha anche la liberazione delle citochine pro-infiammatorie che danno inizio al processo di attrazione dei neutrofili attraverso l’epitelio giunzionale all’interno dell’area del solco gengivale.
I processi infiammatori e immunitari agiscono sui tessuti gengivali proteggendoli dagli attacchi microbici a livello locale ed evitando ai microrganismi o ai loro prodotti nocivi di diffondersi nei tessuti o di invaderli.
Anche le reazioni di difesa dell’ospite sono tuttavia considerate potenzialmente dannose per l’ospite stesso perché l’infiammazione può danneggiare le cellule circostanti e le strutture del tessuto connettivo.
Sulla base di una recente revisione sistematica della letteratura (Nibali et al. 2017) sono stati identificati dei polimorfismi a livello di alcune cellule adibite alla risposta immunitaria dell’ospite che possono modificare la stessa e favorire una progressione più rapida della malattia parodontale.
Polymorphisms with strong level of evidence |
Vitamin D Receptor (VDR) |
Fc Gamma Receptor II A (Fc-y RIIA) |
Interleunkin 10 (IL-10) |
L’importanza della vitamina D e i polimorfismi sul gene del recettore
La vitamina D svolge un ruolo essenziale nella regolazione dei livelli di calcio e fosfato nel corpo. È da considerarsi un ormone che nella sua forma attivata, calcitriolo, si lega ai recettori nucleari delle cellule bersaglio e controlla direttamente il DNA promuovendo la sintesi di alcune proteine coinvolte nel trasporto e utilizzo del calcio.
Il gene VDR è strettamente correlato alla parodontite, perché interessa sia il metabolismo osseo sia le funzioni immuni.
Fc Gamma Receptor II A è una proteina presente sulla superficie dei linfociti b, cellule natural killer, macrofagi ,eosinofili, basofili che contribuiscono alla funzione del sistema immunitario. I recettori Fc si legano agli anticorpi e la loro attività stimola le cellule fagocitiche a discapito dei batteri. Appartengono alla famiglia delle immuno-globuline e sono i più importanti per indurre la fagocitosi batterica.
L’interleuchina 10 è prodotta principalmente dai monociti e linfociti T. E’ in grado di inibire la sintesi di citochine pro-infiammatorie come IFN-y , IL-2, IL-3, TNF ALFA.
Polymorphisms with moderate level of evidence |
IL 1 gene (Nikolopoulos 2008) |
TNF-alfa (Ding et al. 2014) |
MMP 3,7,9,13 (Pan et al. 2013) |
IL 8 (Chen et al. 2015) |
IL 6 Signal trasducer (Vieira 2015) |
IL-1 è una citochina secreta da macrofagi, monociti, fibroblasti e cellule endoteliali. Viene prodotta in risposta a infezioni batteriche. IL-1 favorisce i processi infiammatori e la produzione di altre citochine quali IL-2 e attivazione e reclutamento di altre cellule del sistema immunitario.
TNF-alfa è una citochina coinvolta nell’infiammazione sistemica ed è prodotta principalmente dai macrofagi e ha il ruolo di regolazione delle cellule del sistema immunitario. Un aumento locale di TNF causa i segni tipici dell’infiammazione.
I polimorfismi del gene IL-1 e TNFA sono stati associati a molteplici processi infiammatori e infettivi, inclusa la malattia infiammatoria intestinale, la sindrome di Sjogren, l’artrire reumatoide, la malattia meningococcica, il lupus eritematoso sistemico e la psoriasi.
Le metalloproteinasi della matrice (matrix metalloproteinases, MMP) sono responsabili del rimodellamento e della degradazione delle componenti della matrice. Le MMP sono implicate nella distruzione dei tessuti parodontali.
IL-8 è una chemochina prodotta dai macrofagi e cellule epiteliali ed ha la funzione di chemotassi di neutrofili e granulociti che riescono così a migrare verso il sito di infezione. IL-8 induce inoltre la fagocitosi da parte degli stessi.
IL-6 è secreta da linfociti T e macrofagi e agisce come citochina MULTIFUNZIONALE : può avere azione pro-infiammatoria o anti-infiammatoria. Inoltre è all’interno della regolazione ossea infatti gli osteoblasti secernono IL-6 per stimolare la formazione di osteoclasti.
Dunque si rende evidente che, conosciuti i meccanismi di azione di queste molecole, una loro disregolazione, inattivazione o attività funzionale modificata dovuta ai polimorfismi sui geni codificanti possono modificare la risposta immunitaria dell’ospite rendendolo più suscettibile all’infiammazione parodontale.
Queste varianti genetiche (polimorfismi) possono essere utilizzate come potenziali biomarkers per identificare gli individui che possono avere un più alto rischio di sviluppare la malattia parodontale.
La conoscenza del microbiota parodontale e del profilo genetico/epigenetico che condiziona la risposta dell’ospite sono fondamentali per comprendere gli aspetti fisiopatologici della malattia parodontale.
Evoluzione del concetto di prevenzione: Test Genetici
Per una corretta diagnosi dobbiamo valutare tutti i fattori di rischio per la malattia parodontale includendo l’analisi della suscettibilità genetica. Una analisi che può avvenire in modo scientifico e quantificabile attraverso l’utilizzo di test genetici. Da qui parte un corretto programma di prevenzione davvero efficace: nel momento in cui la diagnosi è completa saremo in grado di determinare quali individui devono sottoporsi più frequentemente ai controlli odontoiatrici e a sedute di igiene orale. Inoltre la strategia di intervento sarà personalizzata e si potrà stabilire la prognosi dei risultati clinici.
I dati genomici devono comunque sempre essere accoppiati all’analisi dei fattori di rischio già sopra elencati.
Gli approcci genetici saranno sempre più indispensabili nel futuro per determinare il rischio e l’outcome del trattamento.
I test genetici sono uno strumento innovativo per effettuare una diagnosi corretta e soprattutto completa dello stato parodontale. Lo sviluppo di questi test permetterà inoltre di valutare il rischio del paziente per l’insorgenza di malattie sistemiche e ne permetterà così il controllo.
Full tex disponibili a richiesta.
Dott. ssa. Sofia Drivas