Il "National Center for Complementary and Integative Health" negli Usa descrive la medicina integrata come "una combinazione di approcci convenzionali e complementari da usare in modo coordinato e sinergico che ha come obiettivo il mantenimento del benessere globale della persona"[1].

Il modello biopsicosociale di cura considera infatti diversi fattori che possono influenzare la salute di un individuo [1]:

- la qualità delle nostre relazioni

- la salute emotiva

- il movimento e l'attività fisica

- la corretta alimentazione

- la salute cognitiva e comportamentale

- il grado d'integrazione/connessione mente-corpo

Questi principi ispiratori possono essere applicati al trattamento di pazienti con una vasta gamma di sintomatologie associate a diversi stati patologici come ad esempio i Disturbi temporomandibolari.

I Disturbi temporo-mandibolari rappresentano un gruppo eterogeneo di condizioni cliniche riguardanti il sistema stomatognatico e le relative strutture articolari, muscolari e dento-parodontali associate.

La ricerca epidemiologica ha evidenziato che il 41% della popolazione della popolazione studiata presenta almeno un sintomo di DTM e che il 56% ha almeno un segno clinico di DTM [2,4].

Sebbene la letteratura non abbia ancora definito l'eziologia alla base dei disturbi temporomandibolari, lo stato patologico che prende il nome di DTM risulta essere il risultato di uno squilibrio fra strutture dento-parodontali, neuromuscolatura e articolazioni temporomandibolari, i tre attori del sistema.

 

Lo studio della fisiologia del nostro sistema stomatognatico ci insegna che quest'ultimo è in grado di funzionare correttamente quando è in equilibrio. Il sistema è in equilibrio quando c'è armonia nella neuromuscolatura masticatoria e l'armonia nella neuromuscolatura si ha quando i muscoli funzionali mandibolari antagonisti, altresì detti masticatori, funzionano fisiologicamente in modo alternato: quando sono attivi, ovvero contratti, gli elevatori, devono essere in uno stato di rilassamento tonico-clonico gli abbassatori[3,4].

La conditio sine qua non in cui quanto sopra detto si verifica è la coincidenza tra posizione di massima intercuspidazione del paziente che riguarda un rapporto esclusivamente tra elementi dentali (occlusione centrica, occlusione abituale) e la posizione di relazione centrica che riguarda la posizione e la condizione delle ATM. La coincidenza tra queste due posizioni tridimensionalmente rappresenta l'obiettivo di una terapia occlusale e in generale di un piano di trattamento che voglia dirsi realmente predicibile e di successo[3].

Uno dei fattori eziologici citato nella letteratura come favorente lo squilibrio nella neuromuscolatura è rappresentato dalle interferenze occlusali. Ovvero la presenza d'interferenze occlusali alla posizione alloggiata dei condili in relazione centrica determinerà una disarmonia neuromuscolare perchè, per garantire la chiusura della nostra bocca ogni volta che deglutiamo, cioè circa 800 volte al giorno, si devono contrarre e quindi attivare simultaneamente gruppi muscolari antagonisti. Tutto questo produce un trauma cronico ripetuto, l'accumulo di acido lattico e di prodotti del catabolismo nelle fibrocellule muscolari e nella matrice extracellulare. Tale meccanismo di adattamento che la natura mette in atto per aggirare il problema dell'interferenza può portare a due conseguenze: una malocclusione fisiologica se l'adattamento non supera la soglia di adattabilità del sistema o una malocclusione non fisiologica[5].

In entrambi i casi avremo dei segni che fungeranno da spie importanti per poter fare diagnosi precoce di una situazione d'instabilità occlusale nel sistema e che poi potranno evolvere in una sintomatologia caratteristica a livello del:

- COMPLESSO DENTO-PARODONTALE

- ARTICOLAZIONI TEMPOROMANDIBOLARI

 

 

SISTEMA STOMATOGNATICO

SEGNI

SINTOMI

COMPLESSO DENTO-PARODONTALE

Usure occlusali eccessive.

Migrazione dentale.

Ipermobilità eccessiva di uno o più denti.

Chipping dei materiali da restauro non da cause strutturali.

Recessioni gengivali multiple settoriali non da spazzolamento.

Lesioni cervicali non cariose.

Ipersensibilità dentale non odontogena.

Nevralgie trigeminali da sensibilizzazione centrale per trauma di tipo compressivo dentale associato.

ARTICOLAZIONI TEMPOROMANDIBOLARI

Acufeni.

Vertigini.

Limitazioni nei R.O.M* e nei P.O.M. **

Segni radiografici alla R.M. o alla C.B.C.T di alterazione dello spazio intrarticolare.

Click.

Scrosci articolari.

Rilievi anamnestici di dolore orofacciale al mattino.

Stanchezza muscolare al mattino.

Dolore/disagio alla palpazione muscolare e in zona articolare.

Dolore simil-emicranico zona tempie.

Dolenzia al test di carico in prima visita.

                                                                                                                                             [3,4,5]

* R.O.M. = range of movement (range del movimento mandibolare)

**P.O.M. = path of movement (tragitto del movimento mandibolare)

Nonostante la multifattorialità degli agenti eziologici favorenti la stabilità occlusale (riduzione rischio d'insorgenza di DTM), ce ne sono alcuni su cui c'è consenso generale nella comunità scientifica[5]:

- le interfaccie occlusali con molteplici e simultanei contatti occlusali.

- l'assenza di dolore odontogeno.

- l'assenza di patologie parodontali.

- una D.V.O accettabile.

- la presenza di un grado d'usura accettabile se proporzionato all'età del paziente.

- l'assenza di elementi dentali mancanti.

- l'assenza di discrepanze tra piani occlusali anteriori e posteriori.

- la presenza di guide accettabili nei movimenti eccentrici.

 

Dawson nel 2007 e Okeson nel 2008 ipotizzarono che i DTM vengono innescati dalla necessaria combinazione fra instabilità ortopedica dell'ATM da interferenze occlusali e simultaneo carico dell'ATM stessa durante il suo lavoro che viene così interessata da stress di tipo compressivo e tensivo a carico dei relativi legamenti [3,4].

Tale legame tridimensionale tra interferenze occlusali, malocclusione e instabilità ortopedica delle ATM che, superata una certa soglia di adattamento del sistema che varia da paziente a paziente, è in grado d'innescare sintomatologia algica in uno dei tre attori del sistema, è stato confermato da altri studi come quello prospettico a dieci anni di Cordray effettuato nel 2006 [7] i cui risultati è possibile verificare nel 2016[8], lo studio di Hee del 2010[9] , lo studio di Weffort e Fantini del 2010 [10] e di Padala del 2012 [11].

Inoltre una metanalisi di Cordray pubblicata nel Gennaio 2017[5,8], riprendendo i risultati del suo stesso studio RCT prospettico a 10 anni, sottolinea l'importanza dei fattori occlusali e in particolare della discrepanza tra relazione centrica e massima intercuspidazione in statica, per la prima volta in letteratura sui tre piani dello spazio per stabilire l'onset della sintomatologia associata ai DTM:

- sul piano sagittale , per scivolamenti >=2mm

- sul piano frontale , per scivolamenti >=1,5mm

- sul piano orizzontale, per scivolamenti >=0,5mm

Emerge immediatamente dall'analisi di questi dati come la componente orizzontale del movimento mandibolare è quella critica dato che è sufficiente appena 0,5mm per innescare un dolore orofacciale associato.

Cruz, nel 2015 in una metanalisi, aveva già evidenziato come interferenze risultanti in scivolamenti dalla posizione di relazione centrica alla massima intercuspidazione >=2mm (senza tuttavia specificare su quali piani) possono costituire un fattore di rischio notevole per l'innesco di DTM[6]. Cruz sottolinea come i fattori occlusali dinamici (le interferenze occlusali eccentriche) siano di maggior interesse a causa della maggior capacità distruttiva potenziale a livello articolare come:

- la presenza d'interferenze laterotrusive

- l'assenza di guida canina

Oltre al ruolo delle interferenze occlusali come fattore eziologico d'innesco potenziale dei DTM, è sicuramente l'esperienza di dolore orofacciale che il paziente con DTM si trova a vivere che può rappresentare un vero e proprio fattore debilitante.

Un ampio range di soluzioni terapeutiche è stato proposto in letteratura, includenti:

- dispositivi intraorali come placche occlusali.

- terapie fisiche del dolore e di riabilitazione posturale.

- terapie farmacologiche antiinfiammatorie.

- terapie comportamentali incluso il Counseling associato.

Nei confronti dell'ansia e di stati di depressione come comorbidità associati a dolore orofacciale da DTM, le strategie di Counseling come la mindfulness,

 

la meditazione e il metodo Rogersiano possono essere di aiuto insieme a sedute di psicologia cognitivo-comportamentale.

Recentemente il Ministero della Sanità è intervenuto a tal proposito con la pubblicazione nel Settembre del 2017 di alcune linee-guida in cui compare, per la prima volta, il termine di "Counseling" nell'ambito di un protocollo di trattamento multidisciplinare dei DTM.

Gli obiettivi, difatto, di una moderna terapia gnatologica dei DTM [12] sono:

1) Ridurre o eliminare il dolore oro-facciale associato, migliorando la qualità di vita del paziente.

2) Ripristinare una funzione masticatoria fisiologica.

Nel protocollo terapeutico validato dalla letteratura e dal Ministero della Sanità il paziente viene, in prima visita informato sulla natura e sulla causa dei DTM attraverso un esame obiettivo mirato.

Viene introdotto parallelamente al mondo dell'emotività, fornendo indicazioni e supporto per superare lo stress correlato alla siontomatologia algica attraverso l'ausilio di un Counselor specializzato.

La strategia terapeutica adottata consiste nell'uso di splint occlusali che potranno essere o meno associati a terapia farmacologica (a seconda della tipologia di DTM) per ridurre la sintomatologia algica associata, accompagnate da fisioterapia, riabilitazione neuromuscolare e posturale.

Parallelamente vengono eseguite sedute di Counseling mirate a rendere il paziente consapevole e in grado di gestire la sua emotività, aspetto non secondario al fine della buona compliance del paziente alle cure e della buona riuscita complessiva del trattamento[12].

Data la multifattorialità dell'eziologia dei DTM dove, oltre ad una causa occlusale, traumatica o muscolare sistemica, si può riconoscere anche una concausa psicologica come scatenante, diventa di primaria importanza lavorare in equipe nell'ambito di un team dove, insieme all'Odontoiatra, intervengono più specialisti in sinergia quali

  1. Otorinolaringoiatra. Si pensi ai casi di disturbi dell'apparato vascolare ed auricolare che possono andare in diagnosi differenziale con i DTM o conseguenze di DTM.
  2. Oculista. Si pensi alle alterazioni della convergenza oculare che si ripercuotono sulla postura corporea globale.
  3. Reumatologo. Si pensi a tutti quei casi in cui i pazienti presentano DTM che sono solo segni di una patologia reumatica diffusa.
  4. Ortopedico. Si pensi a quei casi in cui si riscontrano alterazioni o asimmetrie della colonna vertebrale, dei cinti scapolari o degli arti.
  5. Neurologo. Si pensi a tutti quei casi in cui s'impone diagnosi differenziale di dolore orofacciale di origine nevralgica o in quanto espressione di Cefalee.
  6. Counselor/Psicologo. Si pensi a quei pazienti in cui è forte il coinvolgimento della sfera emozionale.

La letteratura che si è spinta ad ipotizzare il possibile ruolo nella riduzione della sintomatologia algica associata della gestione emotiva con tecniche di Counseling del dolore oro-facciale, in aggiunta all'uso degli splint occlusali, inizia a partire dal primo studio di Dworkin e LeResche che nel 1992 sviluppò il primo tentativo di definizione multidisciplinare dei DTM insieme ai criteri di definizione diagnostica dei suddetti[21].

Da allora le review si sono concentrate sullo studio delle interazioni morfologie e funzionali occlusali e sul ruolo nello sviluppare DTM come quello di McNamara del 1995 [22] e dello stesso Dworkin del 2002 [16] per arrivare allo studio "OPPERA" del 2011, un grande lavoro di elaborazione di un modello sistemico di spiegazione dei DTM che si focalizzò sulle comorbidità associate a questa patologia [23].

Uno dei primi studi che però prese in considerazione il ruolo del Counseling fu quello del 2007 di Manfredini , una review che evidenziò l'efficacia delle tecniche di terapia cognitivo-comportamentale nell'ambito di un trattamento multidiscliplinare dei DTM [13].      

Alencar , nel 2009 nel suo studio evidenziò l'efficacia delle tecniche di Counseling rispetto all'uso di soli splint occlusali nel trattamento di dolore orofacciale di tipo miofasciale [15].

Truelove ed al. , nel 2006 nel suo studio RCT aveva confrontato l'efficacia della componente algica ed aveva ottenuto, per l'esiguo campione dello studio, un discreto risultato [18].

Lo stesso Manfredini, nel 2013, commentando una review sistematica del 2013 di de Freitas ed al. sull'efficacia delle terapie di auto-aiuto del Counseling nella gestione terapeutica del paziente con DTM, aveva sottolineato l'esigenza di lavorare a due livelli, ovvero chiarire meglio con una definizione precisa che cosa s'intende per Counseling e quali sono le condizioni cliniche in cui può essere indicato [14]. La review evidenziava come l'inclusione di un percorso di tipo psicologico nel protocollo di gestione dei DTM può essere ragionevole, anche se non si sbilancia nel trarre alcuna conclusione circa la reale efficacia dello stesso a lungo termine.

Il termine Counseling, come nasce in America a partire dalla psicologia umanista degli anni '60 del 1900, sta ad indicare secondo la definizione data dall'OMS nel 1995 "un processo di dialogo attraverso il quale il consulente o Counselor aiuta il consultante a prendere decisioni ed ad agire di conseguenza, oltre a fornire un'accurata ed attenta informazione e un sostegno psicologico adeguati. In Italia visibilità agli interventi di Counseling è stata data in conseguenza delle politiche sociali e sanitarie volte a fronteggiare il diffondersi dell'epidemia dell'HIV/AIDS quando la legge 135 del 1990 ha sancito che il test diagnostico deve essere preceduto e seguito da colloqui di Counseling [24].

Nell'ambito di una terapia multidisciplinare dei DTM con inclusione di un percorso di Counseling da segnalare due studi interessanti, uno di Conti ed al. pubblicato nel 2015 sul Journal of Applied Oral Science [20] e un altro di Martins ed al. del 2016 pubblicato sulla Revista Odontologica dell'UNESP [19]. Entrambi mettono chiaramente in evidenza, anche se su campioni di modeste dimensioni e per un periodo di tempo limitato, una netta capacità dei pazienti con DTM di tipo intracapsulare e occlusomuscolare di tipo miofasciale di vedere una riduzione dei valori della scala VAS del dolore dopo terapia con splint occlusali dedicati e dopo concomitante terapia con Counseling.

 

Nello studio del 2015 di Conti ed al. , dall'analisi dei valori quantitativi dell'intensità del dolore di tutti i pazienti nei tre periodi di valutazione iniziale, post counseling e post applicazione dello splint occlusale, è stata riscontrata una riduzione nella sintomatologia algica in dieci pazienti su ventiquattro dopo il Counseling e in altri quattordici pazienti dopo installazione degli splint occlusali, se confrontati con i valori al baseline [20].

Nello studio del 2016 di Martins ed al. su 60 pazienti artrogenici, questi furono suddivisi in tre gruppi [19]:

- 20 pazienti trattati con uno splint ad hoc di riposizionamento occlusale

- 20 pazienti trattati con dispositivo NTI-tss

- 20 pazienti trattati solo con sedute di Counseling

Furono poi rivalutati a due settimane, a sei settimane e a tre mesi.

Le conclusioni dello studio sono state interessanti:

1) tutte le strategie terapeutiche adottato sono state efficaci nel ridurre l'intensità della sintomatologia algica.

2) i pazienti che indossano splint occlusali accompagnati da sedute di Counseling hanno riportato i miglioramenti più rapidi, se confrontati con il gruppo controllo.

Nonostante i confortanti risultati degli studi riportati che sono solo alcuni degli studi numerosi presenti in letteratura sull'argomento, rimangono delle criticità evidenziate in modo molto puntale sia nella review di de Freitas del 2013 [14] che nello studio di Manfredini ed al. pubblicato nel 2013 sull'International Journal of Oral and Maxillofacial Surgeons in cui, dopo l'analisi di più di 581 studi presenti in letteratura, giunsero alle seguenti conclusioni parziali che rappresentano degli utili spunti per studi e ricerche future sul tema:

1) il Counseling può essere un'opzione di trattamento a basso costo e dai notevoli benefici a lungo termine nel campo della pratica clinica dei DTM.

2) Manca tuttavia un'univoca definizione riconosciuta da tutti con un position paper sull'argomento e una consensus conference che ne definisca i criteri, i metodi e i limiti di utilizzo nell'ambito di un approccio terapeutico multidisciplinare dei DTM.

3) Infine, la mancanza di chiarezza dal punto di vista terminologico, ancora dopo 25 anni sui DTM, non consente al clinico di avere ad oggi un quadro chiaro a cui riferirsi nel momento in cui in chiave diagnostico-terapeutica deve discernere la tipologia di DTM e se e quando avvalersi nel protocollo terapeutico della consulenza di un Counselor professionista [17].

 

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  10. Martins, Aquino, Melato, Barbosa "Counseling and oral splint for conservative treatment of temporomandibular dysfunction: a preliminar study." Revista Odonotologica UNESP 2016, May.

 

 

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  3. McNamara, Seligman, Okeson "Occlusion, orthodontic treatment and temporomandibular disorders: a review." Journal of Orofacial Pain 1995; 9 (1): 73-90.
  4. Dworkin " The OPPERA study: act one." The Journal of Pain 2011; 12(11): T1-T3.
  5. "Il Counseling centrato sulla persona di Carl Rogers" Analisi a cura della Scuola Superiore Europea di Counseling Professionale 2017.

 

Dott. Alessandro Bevilacqua 

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