Autori: Bruno Francesco, Vendrame Alex

L’alitosi è una condizione caratterizzata da odori sgradevoli emanati dalla cavità orale e colpisce circa il 30% della popolazione; può essere sia “intraorale”, causata da malattia parodontale, cattive abitudini di igiene orale e uso di dispositivi ortodontici/protesici, che “extraorale”, in seguito a condizioni sistemiche come problemi gastrointestinali, tonsille criptiche, diabete e tabagismo:

  • A livello del tratto gastrointestinale, le cause più tipiche di alitosi sono: condizioni infiammatorie ed ulcerative dell’esofago, soprattutto se accompagnate da reflusso gastroesofageo, infezioni gastriche da Helicobacter Pylori ed ostruzioni intestinali.
  • A livello tonsillare, la condizione di “tonsille criptiche” favorisce la formazione di depositi di varia natura all’interno delle cripte tonsillari, causando la comparsa di “caseum biancastro”, delle placche maleodoranti che dalle tonsille possono svilupparsi per tutto il cavo orale, emanando un cattivo odore.
  • Per quanto riguarda il diabete mellito, l’alitosi è un segno tipico della chetoacidosi, provocando un caratteristico odore sgradevole di “frutta marcia”.
  • Per quanto riguarda il fumo, l’alitosi è provocata dal deposito di alcune sostanze contenute nel tabacco a livello dei tessuti duri e molli del cavo orale, assieme ad una riduzione della salivazione e dunque ulteriore accumulo di placca.

In ogni caso la fonte più comune di alitosi è la cavità orale stessa, dove l’attività di putrefazione di alcuni batteri orali, principalmente Gram -, causa la formazione di composti volatili dello zolfo (acido solfidrico, metilmercaptano e solfuro dimetile), diamine ed acidi grassi.

La gestione dell’alitosi è fondamentale non solo per gestire le problematiche sociali causate dal cattivo odore, ma anche perché i composti volatili stessi sono in grado di causare malattia parodontale e di modificare l’attività osteoblastica ed osteoclastica.

Tra i dispositivi disponibili per la gestione dell’igiene orale e del cattivo odore, la clorexidina, disponibile come collutorio, gel topico ed in forma biodegradabile, è ad oggi considerata una delle terapie più affidabili, ma solo se si parla di una condizione di alitosi intraorale, in quanto il suo utilizzo topico non permette di trattare le forme extraorali. La clorexidina inoltre, ad elevate concentrazioni (0,2%), può causare degli effetti collaterali, come disgeusia, pigmentazioni scure e sensazione di bruciore del cavo orale.

Per questo motivo, si stanno cercando delle valide alternative e/o complementari, facendo anche affidamento alla “soft medicine”, tra cui la fitoterapia, storicamente presente in Paesi in via di sviluppo di Asia, Africa e America Latina, dove secondo l’OMS l’80% della popolazione utilizza la medicina tradizionale per soddisfare le proprie esigenze di assistenza sanitaria.

In uno studio del 2017 effettuato da Mamgain P., Kandwal A. e Mamgain R.K. sono stati valutati due dei prodotti più utilizzati in India: il decotto di Triphala e l’ELA (Elettaria cardamomum):

  • Il decotto di Triphala è composto da parti uguali di Emblica officinalis, Terminalia chebula e Terminalia belerica; presenta proprietà antimicrobiche, inibitorie della crescita batterica, antiossidanti, antiinfiammatorie, analgesiche e di scavenging dei radicali liberi (capacità di trasformare i radicali liberi dell’ossigeno in composti non radicalici), oltre a contenere vitamina C necessaria per la maturazione del collagene gengivale. È stato dimostrato che se utilizzato in associazione con il metronidazolo, risultano essere molto efficaci per il trattamento della malattia parodontale.
  • L’ELA, o cardamomo verde, viene descritta come un’erba digestiva, aromatica, deodorante, fragrante, carminativa e, se masticata, in grado di prevenire l’odore sgradevole nel cavo orale.

Nello studio si sono volute confrontare le proprietà antiplacca e anti odore di entrambi i prodotti con la clorexidina, ed è stato visto che non ci sono state differenze statisticamente significative tra i due gruppi in studio. Il grosso vantaggio del decotto di Triphala e dell’ELA è che sono facili da preparare, organici e relativamente economici rispetto alla clorexidina.

nello studio condotto da Veloso DJ., Abrão F. et al. si sono invece analizzati gli effetti di estratti derivati da cannella (Cinnamomum cassia), melo selvatico (Malus sylvestris Linneo), melograno (Punica granatum Linneo), rosmarino (Rosmarinus officinalis Linneo), argania (Aeolanthus suaveolens), tamarindo (Tamarindus indica Linneo) e pau ferro (Caesalpinia ferrea), valutandone l’effetto contro i principali batteri patogeni (Fusobacterium Nucleatum, Porphyromonas Gingivalis, Prevotella Intermedia e Parvimonas Micra).

  • Rosmarino, argania e melo silvestre sono risultate efficaci nei confronti di Parvimonas Micra e, insieme alla cannella, anche verso il Porphyromonas Gingivalis.
  • Il pau ferro ha presentato un effetto battericida nei confronti del Fusobacterium Nucleatum.

Si è osservato che le piante contenenti la maggior quantità di polifenoli hanno presentato un effetto antiossidante ed antimicrobico; gli estratti contenenti la quantità maggiore sono stati quelli del pau ferro e del melograno.

Nello studio “Use of traditional plants in management of halitosis in a Moroccan population” portato avanti da Akkaoui S e Ennibi OK  sono state individuate le principali piante utilizzate in Marocco per combattere l’alitosi.

  • La Salvadora persica presenta effetti antiinfiammatori, antiedematosi, antiplacca (in particolare contro i Gram + ed i funghi del cavo orale). Contiene salvadoremina e trimetilammina, che presentano effetti antibatterici verso lo Streptococco Mutans.
  • L’anice stellato (Illicium verum) possiede una potente proprietà antimicrobica in seguito alla presenza di anetolo, efficace contro batteri, lieviti e ceppi fungini.
  • L’origano comune (Origanum vulgare) è stato ampiamente studiato per il suo effetto antibatterico in molte malattie sistemiche; recentemente è stato riportato anche un effetto contro i batteri cariogenici, grazie alla presenza di carvacrolo e timolo.
  • I chiodi di garofano (Syzygium aromaticum) presentano indicazione contro la gengivite, in quanto presentano effetti antiinfettivi, antisettici, analgesici ed antiinfiammatori.
  • Il timo (Thymus vulgaris), per le sue proprietà antisettiche ed antiossidanti, viene ampiamente utilizzato contro gengivite, stomatite ed alitosi.

Un altro possibile alleato contro l’alitosi, analizzato nell’articolo “Effect of Camellia sinensis plant on decreasing the level of halitosis: A systematic review” è il tè, la seconda bevanda più bevuta al mondo.

In particolare, il tè verde è ricco di polifenoli, tra cui epicatechina gallato, epicatechina, epigallocatechina ed epigallocatechina gallato, che presentano effetti antiodore, antiinfiammatorio e anticarie.

contiene inoltre zinco, uno dei possibili ingredienti che contribuiscono all’effetto antiodore, in quanto in grado di convertite i composti volatili dello zolfo in molecole non maleodoranti.

È chiaro ormai che anche la fitoterapia, opportunamente documentata, possa rivelarsi un’utile alleata per combattere l’alitosi ed altre patologie del cavo orale, ma bisogna considerare che ci sono delle controindicazioni e dei possibili effetti collaterali, con alcune piante che a dosi elevate possono presentare livelli significativi di tossicità, come sottolineato nello studio di Akkaoui e Ennibi citato precedentemente.

È importante fare attenzione anche ad una possibile contaminazione accidentale della vegetazione, causata dalla presenza di alcune sostanze tossiche come piombo, mercurio, pesticidi e microrganismi.

Anche alcune delle piante di cui si è discusso, come timo, chiodi di garofano e melograno possono causare effetti collaterali di intensità variabili, come reazioni allergiche e disturbi gastrici.

In particolare, i chiodi di garofano possono causare reazioni allergiche in seguito alla presenza dell’eugenolo, ma anche ulcere, necrosi tissutale, guarigione ritardata e la diffusione di infezioni parodontali se non trattate.

 

In conclusione, la fitoterapia può essere sì molto utile, ma può anche rivelarsi pericolosa se non opportunamente gestita, dati i possibili eventi allergici e tossici; vi è sicuramente la necessità di svolgere ulteriori studi per poter comprendere a fondo le interazioni tra l’organismo umano e i dispositivi fitoterapici.

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